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Storia di un Uomo Nero

Questa storia è il primo capitolo di Uomini a Colori parte della raccolta Favole politiche. Le altre storie verranno pubblicate su questo blog per ricevere aggiornamenti puoi seguire Parole Povere

C’era una volta un uomo nero. Uno di quelli classici, che si nascondono sotto il letto durante il giorno, per saltar fuori nel bel mezzo della notte e farti morire di paura. Un tipo all’antica, insomma, senza tutte le complicazioni e le ambiguità che caratterizzano i mostri contemporanei. Fedele alla tradizione del proprio personaggio, si proponeva soltanto di realizzare il proprio scopo che, appunto, consisteva nello di spaventare i bambini.

Tutto sarebbe filato liscio per il protagonista di questa storia se non fosse stato per l’increscioso inconveniente costituito da Rosamaria Strabilia, di otto anni, nata e cresciuta nella cittadina di Pizzo Macabro, assolata e ridente località balneare, affacciata sul mare mediterraneo. Per quanto il povero uomo nero si sforzasse, la bambina era del tutto indifferente ai suoi tentativi di spaventarla.

“Questa tua ostinazione è contro natura.” Le diceva con garbo, ma anche con fermezza, non senza lasciar trasparire una certa frustrazione, amplificata dalla propria condizione di lavoratore sprovvisto di un sindacato.

“Prova a seguirmi nel ragionamento: gli uccelli volano, i pesci nuotano, gli uomini neri spaventano e…”

“…i bambini hanno paura dell’uomo nero.” completò la frase Rosamaria, con tono sarcastico. “Hai già tentato questo argomento, per così dire ‘naturalistico’, ma non funziona. Ascoltami bene Bobo. Posso chiamarti Bobo?”

“No, che non puoi chiamarmi Bobo.” Rispose esasperato. “Delegittima il mio ruolo. Come si fa ad aver paura di uno che si chiama Bobo?”

“Appunto, Bobo, ascoltami bene. Tu sei il residuo di un approccio pedagogico ormai tramontato: nel medio evo, forse, poteva avere un senso utilizzare figure come la tua per spaventare i bambini e indurli all’obbedienza. Io sono una nativa digitale, posso trovare su internet le risposte a tutti gli interrogativi, che mi vengono in mente e, quando non trovo la risposta sul web, tipicamente, mi limito a derubricare la questione al livello di discussione oziosa per filosofi mancati.”

“Hai la delicatezza di una mandria di bisonti imbufaliti: hai mai pensato che le tue parole potrebbero ferire i miei sentimenti? Questo per non menzionare la mancanza di rispetto nei confronti della mia professione…”

Rosamaria si sforzò di mascherare l’atteggiamento di sufficienza, con un’espressione del viso il più possibile conciliante: “non volevo mortificarti; apprezzo la dedizione con la quale cerchi di portare a termine, quello che credi essere lo scopo della tua vita. Si tratta tuttavia di un obbiettivo anacronistico, dovresti guardare in faccia alla realtà e prendere atto dell’impossibilità di raggiungere il tuo scopo. Solo così potrai guardare avanti e prendere in considerazione dei traguardi alternativi. Hai mai pensato di cambiare lavoro?”

Bobo si grattò per qualche momento la testa: “In effetti no. Ma cos’altro potrei fare? No, il tuo scetticismo positivista è una condanna a morte per me. Se non posso spaventarti, non ho ragione di esistere. A questo punto farei meglio a dissolvermi, come una vecchia teoria scientifica, confutata dall’impietoso incedere della sperimentazione empirica. Forse dovremmo dirci addio.”

“Non mi piace questo atteggiamento lagnoso. Anche se il mondo è cambiato parecchio, da quando hai cominciato il tuo lavoro, non è detto che tu non possa trovare un ruolo adatto a te: pensiamoci insieme.”

“Apprezzo il tentativo, ma davvero non so fare altro…”

“Allora proviamo a sfruttare quel che sai fare. Oggi non usiamo più la paura per educare i bambini, ma questo non vuol dire che questa emozione sia scomparsa.”

L’uomo nero la fissava perplesso: “vai avanti.”

Di colpo Rosamaria si illuminò: “Ci sono! Oggi usiamo lo spavento anche per… divertirtici. Ecco, la chiave sta nell’utilizzare la paura per divertimento.”

“Per divertimento? Ma in che senso? Mi sembra un controsenso.”

“Se vuoi sopravvivere nel mondo moderno, devi fare l’abitudine alle contraddizioni, caro il mio Bobo. Provo a spiegarti. Oggi ricerchiamo deliberatamente di sperimentare alcune emozioni forti come la paura, in un ambiente controllato e privo di rischi reali, per soddisfare il bisogno di evadere dalla routine quotidiana. Dunque guardiamo film, leggiamo libri e… giochiamo ai videogiochi. Ecco tu saresti perfetto come personaggio per un videogame in realtà aumentata.”

Bobo era ancora perplesso, ma lentamente il ragionamento della bambina cominciava a fare presa. Dopo altre tre o quattro battute, anche le ultime resistenze cessarono e finalmente riuscì a lasciarsi andare: “Va bene, mi hai convinto: non ho ben capito cosa vuoi farmi fare, ma piuttosto che arrendermi e scomparire, preferisco fare un tentativo.”

L’uomo nero si diede da fare e ottenne rapidamente un grande successo, dapprima come personaggio dei videogiochi e poi come protagonista di una serie TV. Nel momento in cui aveva capito, che l’obbiettivo di impaurire quell’unica bambina era irraggiungibile, si rese conto che esistevano milioni di persone, anche adulti che erano disposti a pagare per farsi spaventare.

Leggi anche il secondo capitolo Storia di un Uomo Marrone

@parolepovere

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Pubblicato da Massimo Famularo

Investment Manager and Blogger Focus on Distressed Assets and Non Performing Loans Interested in Politics, Economics,

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